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Risk is essential to childhood – as are scrapes, grazes, falls and panic di Kate Blincoe è l’articolo che abbiamo in parte tradotto e riadattato. Cliccando sul link è possibile leggere l’articolo completo in lingua inglese. Qui abbiamo deciso di lasciarne alcuni passaggi, quelli che secondo noi esprimono meglio il concetto di rischio associato al gioco libero, all’esplorazione e all’avventura. I  bambini  manifestano l’esigenza di stare fuori e correre dei rischi, anche se spesso i genitori non permettono loro di farlo. Quante volte avete sentito un adulto dire a un bambino di correre piano? Quante volte lo avete detto voi stessi? “Non correre che poi sudi”, “Attento!!” e via dicendo.

I bambini hanno bisogno di essere esposti a giochi rischiosi. Per i “genitori elicottero” (genitori apprensivi), questo potrebbe essere difficile, ma i bambini hanno bisogno di imparare a gestire i pericoli da soli.

Passare tempo all’aperto ogni giorno è essenziale, a differenza del semplice gironzolare nell’ambiente pulito e controllato dell’area di gioco.

Secondo il report parlamentare di un gruppo multipartitico rispetto alla possibilità di vivere un’infanzia salutare ed attiva, genitori da tutte le parti del mondo si stanno domandando quanto rischio dovrebbero introdurre nelle vite dei loro figli. Il Report dice che: “il gioco rischioso, magari coinvolgendo agitazione e capitomboli, altezza, velocità e il giocare vicino ad elementi potenzialmente pericolosi (come ad esempio l’acqua, le scogliere e l’esplorazione da soli, con la possibilità di perdersi) dà ai bambini un sentimento di brivido ed eccitazione.”


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Il rischio è una componente essenziale di una infanzia bilanciata.

Per questa generazione di bambini, sballottolati tra il gioco calmo ed eccessivamente protetto, alla scuola, ai club, al divano di casa, c’è molto da fare prima che tornino a casa come se fossero degli esperti della vita all’aperto e all’avventura. Come genitori, molti di noi non sono avvezzi a dare il permesso, anche solo ad un livello minimo di pericolo, di entrare a far parte delle vite dei nostri bambini. Sicuramente è il lavoro di un buon genitore quello di mantenerli in salvo, no? È per questo motivo che la distanza dalla quale i bambini giocano lontano da casa è diminuita del 90% negli ultimi trent’anni.

Moltissimi sono i “genitori elicottero”, che organizzano minuziosamente una lista di attività e che seguono i propri bambini nei giochi del parco, in caso dovessero scivolare. Non c’è da stupirsi se il rischio simulato nei giochi del computer è divenuto così invitante, tanto da creare dipendenza, visto che il mondo reale sembra di gran lunga più noioso quando i due vengono paragonati tra loro. Nonostante ciò gli umani sono fatti per sperimentare un certo livello di paura, se tolto dalle loro vite lo cercheranno da qualche altra parte, su Internet o con un comportamento autodistruttivo.
Quindi come possiamo inserire un po’ di quel pericolo ed eccitazione all’interno delle vite dei nostri bambini super coccolati? La risposta è: passo dopo passo in un modo appropriato alla loro età.

Lo stare all’aperto è la chiave.

Passare del tempo fuori ogni giorno è essenziale, e non solo all’interno dell’area giochi che è controllata e pulita. Incoraggiate il bambino a toccare cose in giro e permettetegli di sfuggire all’occhio vigile dell’adulto. Un periodo senza supervisione, anche solo nel giardino di casa, potrebbe risultare in qualche taglio e graffio in più rispetto alle tipiche lotte con i fratelli e le sorelle, ma è ciò che tutti noi facevamo da bambini e insegna loro il modo per prendere decisioni che facciano permettano la gestione del rischio, di sé stessi e dei propri limiti.

La percezione del rischio è come un muscolo che necessita di essere sviluppato e teso.

Imparare ad accendere un fuoco è un rito di passaggio per la maggior parte dei bambini, e da quando hanno tre anni possono essere coinvolti attivamente nel ravvivare e gestire un piccolo falò. Ovviamente vorrete supervisionare la situazione, assicurandovi che non indossino vestiti infiammabili e mostrandogli come comportarsi in modo cauto, ma rimarrete stupefatti dal rispetto che mostreranno nei confronti delle fiamme.
Anche l’acqua è un rischio salutare essenziale. Lasciate che salgano i corsi d’acqua e che cadano nel mare indossando i vestiti, fateli scivolare nel fango di una palude o sbizzarrirsi nuotando in un fiume.
Potete anche scoprire e strisciare attraverso i tunnel sotto le strade rurali, nei quali risiedono dei ruscelli. Il vostro lavoro come adulti è quello di gestire il rischio, controllando le maree e le correnti prima di avventurarsi nelle paludi di acqua salata oppure ricercando degli ottimi fiumi per nuotare, per poi fare un passo indietro per dare loro la possibilità di prendere le loro decisioni, che variano inevitabilmente da bambino a bambino.

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È tempo di “inselvatichire” di nuovo il bambino.
Gli sport rischiosi sono un modo ragionevolmente controllato per dare ai bambini la possibilità di provare la paura. L’equitazione e lo sci potrebbero essere costosi, ma come la mettiamo con lo skateboard, l’arrampicarsi sugli alberi o lo scalare le rocce? Vostro figlio potrebbe cadere ad un certo punto, e probabilmente si sentirebbe come se la situazione non fosse sotto controllo, però wow, si sentirebbe vivo!

Il rapporto parlamentare dichiara che l’avversità della società al rischio, nei confronti delle vite dei più giovani, influenza tutto, a partire dalle attività scolastiche fino ad arrivare al design delle aree di gioco, dove l’obiettivo più importante è quello di eliminare ogni rischio potenziale. I genitori e le autorità hanno bisogno di lavorare insieme per dare ai nostri bambini la possibilità di vivere delle situazioni in cui graffi e tagli, cadute e panico siano normali. Questo articolo ben descrive quanto ci interessa portare all’attenzione delle persone, i bambini sono da proteggere, ma dobbiamo ricordarci che, sebbene siano delicati, non sono fragili. Considerarli come se fossero fatti di “porcellana” può però essere un atteggiamento fortemente dannoso che potrebbe produrre problemi nel lungo periodo.

Un grazie a Giulia, che come sempre ci aiuta a tradurre dall’inglese gli articoli.